Una strana, ma preziosissima relazione, silenziosa e costante, si instaura tra chi possiede i propri libri e questi ultimi: il ricordo della loro lettura, le emozioni provate e la riconoscenza sia all’autore che a sé stesso lettore e, a volte, accade che lo sguardo cada sul dorso di un volume che è lì, allineato con i suoi fratelli portatori di cultura, riflessione e interiorizzazione, a disposizione, anche nella nobile materialità cartacea, di chi li lesse e li conserva nei ripiani della biblioteca e nelle nicchie del proprio essere interiore. Tanto più quando un libro rechi l’eco di esperienze vissute in prima persona. È il caso di “Cortina era così”, tomo oramai raro, stampato nel dicembre del 1981 da Edizioni Ghedina.
Tomo fatto di immagini, poche parole, che in una sequenza di sensibilità e buon gusto ci racconta com’era Cortina ben prima dell’Olimpiade (quella con la O maiuscola di oltre mezzo secolo fa) con una serie di scatti in bianco e nero: tanti solisti ordinati da un raffinato direttore d’orchestra che di nome faceva Rinaldo Majoni.
Dalla nevicata fuori stagione del 1908, con le messi ancora nei campi, alla foto del Castello de Zanna, verso il Pomagagnon e Punta Fiames, è davvero arduo dire quale scatto sia più poetico e significativo, se non talvolta pure evocativo di una dimensione di Cortina, o meglio Anpezo, ancora austroungarica (è del 1902 la foto della banda militare dei Kaiserjaeger davanti all’Hotel Schwarzer Adler, ossia Aquila Nera). Sicuramente, un libro consigliabile a chi ami davvero Cortina e, in Cortina, quegli angoli di natura rimasti come allora e non contaminati da ritmi e frenesie che, quando non volgari, sono comunque antiesistenziali, perché legati alla bramosia dell’apparire che, piaccia o meno, sono la negazione dell’Essere.
Cortina aveva, però, anche un suo ritmo e una sua estetica pure nelle passeggiate in Corso Italia, ancora negli anni ’70, con i suoi negozi storici che era bello ritrovare ed ammirare ogni qual volta, arrivate le vacanze, salivo a Cortina. Passeggiate che, per lo più, facevo con mio padre, finalmente tutto per me e non per i suoi pazienti cardiopatici.
E, proprio con papà, avevo conosciuto Rinaldo Majoni che di fronte all’Hotel Posta aveva il suo negozio di apparecchi fotografici.
Ma che dico “apparecchi fotografici”?! Quello, almeno per me, era il negozio delle meraviglie: accanto alle Zeiss ed alle Leica, Rinaldo aveva un angolo dedicato alla numismatica, segnatamente alla numismatica preziosa della Repubblica d’Austria: in vetrina era una parata di monete d’argento, allora Scellini, e pure quelle più rare, fondo specchio a tiratura limitata, cesellate da mano sapiente.
Rinaldo, pazientissimo con me ragazzino assetato di imparare, mi spiegava mondi interi, differenze ed inerenze collezionistiche, varianti e veri e propri segreti: a cominciare dal fatto che la rarità, e dunque quanto fosse prezioso, un francobollo lo svelava non dal lato che normalmente si osserva, bensì dall’altro, quello della sua gomma che diceva tutto, anche della sua autenticità ed effettiva integrità.
Rinaldo amava appendere sulle colonne del portico, ben visibili a chi passeggiava lungo Corso Italia, dei quadri che incorniciavano intere serie filateliche selezionate con metodo e immediata cattura estetica, quasi fossero un suo scatto fotografico (lo erano!) che ti catalizzavano immediatamente: strepitose e ancor oggi indimenticabili le serie floreali per la gioventù dell’allora Repubblica Federale di Germania o i paesaggi cesellati, alcuni addirittura calcografici, della Repubblica d’Austria.
Per papà mi ero offerto di fare il giardiniere, finiti i miei compiti di scuola e papà mi aveva sempre gratificato con una paghetta che accumulavo tutto l’anno finchè si partiva per Cortina: andavo da Rinaldo e compravo quanto potevo permettermi per coltivare queste due mie passioni giovanili. Papà, poi, suggerito da Rinaldo (contro il proprio interesse commerciale, ma testimoniando un’amicizia ed una nobiltà oggi di fatto estinta) mi avrebbe spesso accompagnato a Sillian per acquistare le bellissime serie numismatiche direttamente in banca. Era una cosa tra me e lui, che si divertiva da matti a sentirmi sbiascicare in tedesco oltreconfine, lingua poi diventata, negli anni, quasi di mia quotidiana elezione.
Rinaldo è mancato oramai da tanti lustri. Quando è morto, è morto anche quell’angolo di “imparare a scegliere” e quindi di affinità elettiva che era il suo negozio. Ho notato, un giorno, che sulle colonne del portichetto ci sono ancora i resti dei ganci che tenevano appesi i quadri espositivi.
Ma ciò che resta di Rinaldo è lo stesso messaggio profondo che “Cortina era così” emana nella sequenza di ordinata e ponderata eleganza della raccolta: una storia, quella di Cortina, che era fatta di “sudore, gioia, dolori e tanta dignità”. E, come magistralmente scriveva Mario Caldara (oggi drammatica la sua lungimiranza) “Majoni, con la sua bella raccolta, oltre ad arricchire l’albo di famiglia della nostra comunità, sembra volerci taciutamente e sottilmente ricondurre ad un filo antico che rischiamo di perdere”.
Cortina snapshots
A peculiar yet cherished relationship unfolds between readers and their books. It is a quiet yet enduring connection, thriving on the memories of readings and the emotions they evoke, nurturing a profound sense of gratitude. This sentiment is particularly pronounced when a book echoes first-hand experiences, as exemplified by “Cortina era così” (Cortina was like this), a rare volume published in December 1981 by Edizioni Ghedina. This book, predominantly composed of images with sparse words, sensitively and tastefully captures the life of Cortina d’Ampezzo before the Olympics over half a century ago. The black and white photographs, curated by Rinaldo Majoni, are like soloists orchestrated by a refined master, offering a captivating journey into the city’s past. From the out-of-season snowfall of 1908 to the photo of Castello de Zanna, towards Pomagagnon and Punta Fiames, it is truly challenging to determine which image is more poetic and meaningful. A perfect book for those who love Cortina and appreciate its untouched natural corners, far from modern frenzy and the obsession with appearance, which contradict the authenticity of Being. During the “struscio” along Corso Italia in the 1970s, one could sense the rhythm and distinctive aesthetic of Cortina. Every holiday presented a chance to delve into historic shops with my father, where I first encountered Rinaldo Majoni, the owner of a boutique dedicated to cameras and numismatics. Alongside renowned brands like Zeiss and Leica, there were exquisite silver coins on display, including rare pieces. Rinaldo, patient and passionate, taught me everything about coins and stamps, emphasising the importance of examining the reverse side of stamps to reveal their authenticity and integrity. He loved hanging paintings on the porticoes of Corso Italia, framing beautiful philatelic series, captivating passersby with the aesthetic of his “shots”.
Rinaldo passed away many years ago. With his departure, we lost a reference point for learning to choose. Only the signs of his shop remain, like the hooks on the porch. However, his spirit lives on in the message of elegance and dignity that Cortina conveys. His collection of memorabilia reminds us of a history made of labor, joy, and dignity, as Mario Caldara wrote. His legacy connects us to a past we risk forgetting.










